I disturbi del comportamento alimentare (DCA) possono essere definiti come persistenti disturbi del comportamento alimentare o di comportamenti finalizzati al controllo del peso, che danneggiano la salute fisica o il funzionamento psicologico e che non sono secondari a nessuna condizione medica o psichiatrica conosciuta.
Secondo l’ultima versione del DSM 5, che è il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, i DCA comprendono l’Anoressia Nervosa (AN), la Bulimia Nervosa (BN) e il Disturbo dell’Alimentazione Non Altrimenti Specificato (DANAS), che raggruppa i disturbi alimentari che non rientrano nelle definizioni precedenti, ma che sono comunque clinicamente significativi; tra questi ultimi degno di nota è il Disturbo da Alimentazione Incontrollata (DAI), o in inglese Binge Eating Disorder (BED), che per ora è inserito solo in appendice B del DSM 5, quale categoria che necessita di ulteriori studi.
Per fare diagnosi di Anoressia Nervosa (AN), il DSM 5 richiede che siano presenti tutti e 3 i seguenti criteri diagnostici:
Per il DSM esistono 2 Sottotipi di Anoressia:
Con Restrizioni: se l’individuo non presenta regolarmente abbuffate o condotte di eliminazione (per es. vomito autoindotto, uso inappropriato di lassativi, diuretici o enteroclismi).
Con Abbuffate/Condotte di Eliminazione: l’individuo presenta regolarmente abbuffate o condotte di eliminazione (per es. vomito autoindotto, uso inappropriato di lassativi, diuretici o enteroclismi). Inoltre in questo caso ci sono maggior frequenza problemi di controllo degli impulsi, abuso di sostanze, labilità emotiva ed una maggiore attività sessuale.
Per fare diagnosi di Bulimia Nervosa (BN), il DSM 5 richiede che siano presenti tutti e 5 i seguenti criteri diagnostici:
A. Ricorrenti abbuffate. Un’abbuffata è caratterizzata da entrambi i seguenti elementi:
B. Ricorrenti ed inappropriate condotte compensatorie per prevenire l'aumento di peso, come vomito autoindotto, abuso di lassativi, di diuretici, di enteroclismi o di altri farmaci, digiuno o esercizio fisico eccessivo.
C. Le abbuffate e le condotte compensatorie si verificano entrambe in media almeno due volte alla settimana, per tre mesi.
D. I livelli di autostima sono indebitamente influenzati dalla forma e dal peso corporei.
E. L'alterazione non si manifesta esclusivamente nel corso di episodi di Anoressia Nervosa (AN).
Specificare il sottotipo:
Questa categoria riguarda quei disturbi dell’alimentazione che non soddisfano i criteri di nessuno specifico Disturbo dell’Alimentazione. Gli esempi includono:
Per il Disturbo da Alimentazione Incontrollata (DAI), o in inglese Binge Eating Disorder (BED), nell’appendice B del DSM 5 sono stati proposti i seguenti criteri:
Negli ultimi anni il trattamento dei disturbi dell’alimentazione è notevolmente migliorato e oggi disponiamo di varie terapie ambulatoriali la cui efficacia è stata dimostrata da rigorosi studi controllati.
Nella bulimia nervosa più di 30 ricerche controllate hanno dimostrato che i pazienti trattati con la Terapia Cognitivo Comportamentale (CBT) raggiungono una guarigione completa nel 50% dei casi ed un miglioramento significativo dei loro sintomi nell’80% dei casi. Due studi controllati hanno evidenziato che la Terapia Interpersonale (IPT), sebbene non sia così rapida come la CBT nel determinare il miglioramento dei sintomi, a distanza di un anno dal suo termine raggiunge un’efficacia sovrapponibile. Oltre alle psicoterapie, numerose ricerche hanno evidenziato che una classe di psicofarmaci, gli antidepressivi, è in grado di determinare l’interruzione delle abbuffate e dei comportamenti di compenso nel 20% dei pazienti trattati. Purtroppo, l’efficacia degli antidepressivi non sembra durare nel tempo e la maggior parte dei pazienti ricade dopo 4-5 mesi di trattamento.
Nell’anoressia nervosa gli studi controllati sono poco numerosi e hanno prodotto
risultati inconsistenti. La scelta del tipo di trattamento dipende in larga parte ancora dalle preferenze del terapeuta e dalle risorse disponibili nel territorio. Esistono, ad ogni modo, delle evidenze che una forma di terapia familiare, messa a punto da un gruppo di ricercatori del Moudsley Hospital di Londra, sia più efficace rispetto alla psicoterapia individuale psicodinamica, nei pazienti di età inferiore ai 18. Numerosi resoconti di casi clinici ed esperienze cliniche indicano, inoltre, che la CBT allargata, forma di cura che affronta oltre ai fattori di mantenimento specifici del disturbo anche problematiche come la bassa autostima, la regolazione delle emozioni i problemi interpersonali e familiari, sia efficace in numerosi pazienti ambulatoriali.
Purtroppo, un ampio sottogruppo di pazienti (circa il 50%) non risponde al
trattamento ambulatoriale e necessita di cure più intensive come, ad esempio, trattamento riabilitativo in day-hospital o in regime di ricovero in reparti specializzati, In queste strutture si riesce a normalizzare il peso e a interrompere la maggior parte dei sintomi specifici dei disturbi dell’alimentazione (es. dieta, abbuffate, vomito autoindotto, ecc.) nell’85% dei pazienti. Il trattamento riabilitativo deve essere seguito da un programma ambulatoriale di almeno un anno per evitare la ricaduta.
Esiste un legame esistente tra l’esordio di disturbi del comportamento alimentare e una storia caratterizzata da eventi traumatici (quali ad esempio abusi o maltrattamenti) e traumi relazionali (Putnam, 2001; Johnson, Cohen, Kasen, & Brook, 2006). Data la rilevanza di tali esperienze nell’esordio dei disturbi del comportamento alimentare, è utile integrare il tradizionale approccio psicoterapico con un metodo focalizzato sulla risoluzione delle memorie traumatiche: l’EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing) (Shapiro, 2001; Omaha, 2000).
Si tratta di un trattamento terapeutico ideato negli anni ’80 da Francine Shapiro, utilizzato per alleviare lo stress associato agli eventi traumatici e la sua efficacia è provata da numerosi studi scientifici. La ricerca recente mostra che, attraverso l’utilizzo dell’EMDR, le persone possono beneficiare degli effetti di una psicoterapia che una volta avrebbe impiegato anni per fare la differenza.
La specificità del metodo EMDR favorisce l’acquisizione di consapevolezza da parte del paziente delle ricadute delle esperienze traumatiche sul suo funzionamento attuale globale. Nel trattamento del disturbo alimentare il terapeuta ricerca, all’interno della storia di vita della persona, gli eventi traumatici alla base della formazione e del mantenimento del disturbo. Le emozioni più comunemente sperimentate, come la vergogna e la colpa rendono i pazienti con questo genere di disturbo particolarmente vulnerabili a sensazioni di sfiducia, timore di giudizio altrui. Per tali motivi, nella fase preliminare al lavoro con EMDR, il terapeuta aiuta il suo paziente a consolidare una buona relazione terapeutica, in cui il soggetto si senta accolto, compreso e soprattutto non giudicato.
Per info sul metodo EMDR vedi articolo sul BLOG o contattaci!
Dott.ssa Erika Viotti
Consulenza psicologica e psicoterapia - Asti
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Ultima modifica: 27/06/2016
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